25/01/2010 - 12.28

BOXE ADDIO

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Dopo 23 anni… ossia una vita

Nel  2010, la kickboxing va da sola. Luci e ombre su un rapporto tra  pugilato e kickboxing  che non è sempre stato idilliaco.
(Nella foto da sinistra, Riccardo Bertollini, allora Presidente Fist, Franco Falcinelli, Presidente Fpi e il sottoscritto.)

di Ennio Falsoni  

Il Consiglio Nazionale del Coni, nella   prima  riunione del 2010, tra le varie, delibererà   lo sganciamento della Federazione Italiana Kickboxing dalla tutela della Federazione  Pugilistica Italiana. La FIKB, da Disciplina Sportiva Associata Sperimentale a FPI,  passa ora (e per i prossimi due anni) a Disciplina Sportiva Associata Provvisoria al Coni e quindi DSA  a tutti gli effetti, in attesa che maturino i tempi e i modi per diventare, nel giro dei prossimi  8-10 anni, Federazione Nazionale. Questi i tempi  e i passaggi burocratici obbligatori perché tutto ciò avvenga nell’ambito del Comitato Olimpico Nazionale per uno sport nuovo come il nostro.

Ovviamente, in casa FIKB, la decisione finale del Consiglio Nazionale  è  attesa  con grande trepidazione. Nel corso dell’Assemblea Generale svoltasi all’Hotel Michelangelo di Milano nel Febbraio scorso infatti, feci un intervento un po’ duro nei confronti della FPI ( e ne avevo ben donde, come si leggerà nelle righe successive)  e promisi ai miei associati che obbiettivo primario del mio secondo quadriennio alla guida di FIKB, era appunto lo sganciamento dalla FPI che, in un modo o nell’altro, aveva condizionato un po’ la mia vita e lo sviluppo della kickboxing degli ultimi 23 anni!

Vale quindi la pena, in questo momento  storico, fare un breve riepilogo delle vicende che ci hanno portato a tanto. Molti dei lettori di Samurai saranno magari a conoscenza di alcuni  fatti, ma le nuove generazioni, ne sono sicuro, ne sono invece totalmente a digiuno e pertanto, “repetita semper juvant”.

Quando, nel 1986 (giusto l’altro ieri)  in qualità di presidente dell’allora Fiam, nonché di amministratore delegato di Sport Promotion, la società che editava allora le riviste Samurai e Banzai Pugilato (tra le altre) , avvicinai la Federpugilato , presieduta da Ermanno Marchiaro, per cercare di inserire la kickboxing nella loro Federazione (al Coni mi avevano già detto che non c’era allora altro modo),  in una tavola rotonda che aveva come fine lo stabilire le affinità tra i due sport perché si potesse poi portare avanti ogni altro discorso, organizzata apposta al Casinò di Campione dove ogni anno la FPI aveva il suo Gala denominato l’Oscar dei Campioni, Nazzareno Mela – ch’era un tecnico della loro squadra azzurra -, dopo che feci vedere un incontro registrato, disse : “…Molto interessante, ci sono certamente delle affinità tra i nostri due sport, ma  (rivolto ai suoi) attenti: questi hanno il K.O.!”. Ecco, credo che tutti i problemi che seguiranno tra pugilato e kickboxing, siano riconducibili, sinteticamente, a quella famosa frase. La Federboxe, e i successivi dirigenti, considerarono la kickboxing come uno sport “concorrente”, non come un nuovo modo di interpretare eventualmente il pugilato da cui, magari, trarne nuova linfa, ma semplicemente come uno sport che in qualche maniera poteva nuocere al pugilato stesso.

Ciononostante, negli anni immediatamente successivi,  mi sforzai personalmente invece per cercare di far cambiare idea ai dirigenti  del pugilato. Organizzai molte manifestazioni  “miste”  ai tempi del famoso Umberto Branchini che alla Doria di Milano aveva la sua scuderia di pugili “Totip”. Al Palalido, più volte Ottavio Tazzi (ch’era allora anche il mio insegnante di Pugilato (avevo in quegli anni una delle migliori palestre della città, il CSKS di Via Maffei, dove Tazzi mi dava lezioni private) portò i suoi pugili ai miei Gala  di kickboxing.  Sempre però   restavo infastidito dal comportamento del Commissario di Riunione e degli arbitri e giudici della FPI. Venivano, volevano sempre cominciare loro la manifestazione (nonostante fossi io a pagare le spese) e fatti i loro 8 incontri (così da poter richiedere il contributo federale, come da regolamento), “lasciavano cadere la penna”, come si dice in certi casi. Letteralmente lasciavano l’area del ring  e se la squagliavano dal Palalido, manco fossimo degli appestati. Non eravamo riconosciuti dal Coni allora, ed eravamo quindi visti come dei fuorilegge, delle persone con cui era meglio non avere niente a che fare. Da una parte era davvero deludente un comportamento del genere, dall’altra era ormai comprensibile che il pubblico della kickboxing non amava la boxe e viceversa. Infine, c’era proprio da segnalare che il pubblico pagante che portava quelli del pugilato era veramente esiguo rispetto al nostro. Così lasciai perdere, così come – visti i ripetuti silenzi di Marchiaro e soci -,   la piantai di chiedere  delle risposte che non sarebbero mai venute. La kickboxing continuò comunque a crescere in Italia e nel mondo, ma mi rattristava il fatto che in altre nazioni, essa avesse già raggiunto i vari riconoscimenti dei rispettivi Comitati Olimpici Nazionali, mentre in Italia non sapevo proprio dove sbattere la testa per raggiungere quell’ obbiettivo.

Dopo  16 anni alla guida della FPI (1981-1997), Marchiaro, da ex dirigente del Partito Comunista  torinese di allora,  decise di andare in pensione. Il suo posto fu preso da un avvocato  calabrese , Giovanni Grisolia che, anche lui, non mi aveva molto in simpatia. Gli stava più simpatico Carlo Di Blasi che in quegli anni – dopo essere stato uno degli insegnanti di Savate al CSKS di Milano (la mia palestra), era diventato il mio più temibile concorrente, specie in Lombardia.  Alleatosi con altri due personaggi che andavano sotto il nome di Alfredo Lallo e Rinaldo Rinaldi, Di Blasi – l’homus politicus  del gruppo – cercava il colpo gobbo: ottenere, grazie all’aiuto di Grisolia, il riconoscimento del Coni per la sua organizzazione ch’era pronta ad entrare in FPI. Grisolia cavalcò proprio quell’idea.  Uno dei suoi cavalli di battaglia era proprio l’apertura agli “sport da ring” emergenti. Era pronto a creare un Settore loro dedicato all’interno di FPI, insomma era pronto a  sottrarci l’organizzazione per cui avevamo tanto lavorato. Da non dimenticare che ero allora il presidente anche della Wako, la Federazione che dal 1977 aveva lanciato la kickboxing (termine che noi usammo per primi a partire dal 1981) e che poi tutti utilizzeranno (parlo di WKA, ISKA e tutte le organizzazioni ancora esistenti) solo a partire dalla fine degli anni 90!

Chiaramente, dopo le negative esperienze  con la FPI negli anni 80, era chiaro che le mie aspirazioni erano ben altre. Visto il successo che stavamo avendo ovunque, desideravo una nostra Federazione assolutamente indipendente da FPI. Sapendo ciò che Di Blasi stava progettando, chiaro che mi adoperai perché non avesse successo. Grisolia era certamente una brava persona, ma non era un “tecnico”, non aveva il contatto con la base, cosa invece che aveva il sanguigno Franco Falcinelli, il suo concorrente alla corsa per la presidenza  allo scadere del primo mandato quadriennale. Falcinelli  (che conoscevo bene per essere stato un collaboratore di Banzai-Pugilato prima e di Samurai dopo quando le due riviste vennero unificate, e anche per essere stato mio ospite  a 2 stage nazionali dove  tenne  alcune lezioni di boxe), aveva idee diverse rispetto a quelle di Grisolia. Puntava soprattutto a risolvere i grandi problemi che comunque la FPI aveva al proprio interno prima di affrontare un tema molto complesso come quello di inserire un nuovo settore che aveva numeri molto importanti e pericolosi per la boxe stessa.  Era solito dirmi : “ Come può un corpo piccolo fagocitarne uno più grosso?”.  Evidentemente, tirarsi in casa 10.000 tesserati, quando il pugilato ne contava allora sì e no 6000, era qualcosa che poteva rompere degli equilibri importanti. Così ci fu una sorta di accordo: io davo una mano a lui per battere Grisolia e lui poi l’avrebbe data a me per entrare al Coni (finalmente!). Vinse Falcinelli e non potei resistere:  alla proclamazione del verdetto assembleare, a Roma, di mostrare il dito medio ai presenti  del gruppo di Kickboxing  concorrente ch’erano venuti speranzosi. Era il 2001: pensavo che i miei incubi fossero finiti. Ma mi sbagliavo.

Le cose al Coni, in tutti quegli anni, erano comunque cambiate. Conobbi Sandro Rossi, un dirigente che aveva scritto delle “Regole”, fatte proprie poi dal Consiglio del Coni, relative all’ingresso di nuovi sport e nuove Federazioni, chiamate Discipline Sportive Associate. Preparammo con grande cura la domanda per il riconoscimento, avevamo bilanci certificati e numeri in abbondanza  rispetto a quelli che venivano richiesti per il riconoscimento, ma non fu così semplice ottenerlo.  Di Blasi e soci non demordevano e nonostante la sconfitta cocente di Grisolia, avevano fatto anche loro analoga domanda di riconoscimento (senza però presentare né bilanci né altro, semplicemente annunciando la loro esistenza). Nel 2003 Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni nell’era di Giovanni Petrucci, mi convocò a Roma.  Pensavo fosse fatta. Invece alla riunione  che si tenne al Foro Italico intorno al tavolo mi trovai anche tutti i miei concorrenti : da Di Blasi a Lallo, da Rinaldo Rinaldi ad Andrea Albertini (che solo pochi mesi prima, in qualità di dirigente provinciale dell’AICS, aveva aperto un settore dedito al Kickboxing con alcuni fuorusciti della mia Federazione).  Franco Falcinelli, nonostante probabilmente fosse tirato per la giacchetta da qualcuno già allora, fu un galantuomo, coerente e mantenne la sua promessa:  la Fiam (che sarà poi costretta a cambiare nome e a diventare Fikb), fu scelta quale “nuovo contenitore” degli sport da ring che vanno sotto il nome di Kickboxing, Muay Thai, Shoot Boxe. Fummo riconosciuti ufficialmente il 23-3-2004. Era una bella notizia per cui festeggiare, solo in parte mitigata dal fatto che anziché riconoscerci come DSAS direttamente al Coni, come avevo richiesto, lo eravamo ma associati a FPI! Ossia, FPI diventava  “tutor” – educatrice -! Roba da non credere. Il Regolamento però stilato da Sandro Rossi prevedeva che FPI avesse 2 anni di tempo durante i quali non solo avrebbe dovuto “educarci” alle regole e ai regolamenti del Coni, ma decidere una volta per tutte se la nostra realtà poteva interessare loro (e quindi annetterci) oppure lasciarci andare per la nostra strada. Insomma si viveva sempre con questa piccola spada di Damocle sulla testa, che la Federazione nazionale potesse decidere a piacimento di cosa fare di noi. Però pensavo che tanto due anni passano presto e poi saremmo stati liberi. Ma ancora una volta mi sbagliavo.

Il mio primo quadriennio da presidente di Fikb non è stato certamente facile perché vissuto sempre nell’incertezza di quello che sarebbe successo domani.  In alcuni momenti, ci furono anche tensioni forti tra me  e i dirigenti del Coni.  Il 22 Ottobre del  2005 infatti Falcinelli, col quale sono comunque legato da stima e amicizia, firma il Nulla-Osta che autorizza  lo sganciamento di Fikb dalla sua Federazione in modo che  si possa portare avanti  il nostro iter di riconoscimento direttamente al Coni.  Ma agli Organismi Sportivi (l’ufficio preposto alle DSA) c’è un brusco cambio di guardia: se ne va in pensione Sandro Rossi e gli subentra per qualche mese Francesco Scontrino col quale ho subito un ottimo rapporto. Ma il suo posto , di lì  a pochissimi mesi, viene preso da una giovane dirigente, Anna Ragnoli, che purtroppo non era al corrente  del nostro burrascoso passato con la Fpi e lei si chiese: come mai Fpi, dopo aver fatto entrare Fikb al Coni, dopo manco due anni la lascia andare?  Il Nulla-Osta di Fpi era una lettera di 2 righe. Lei voleva invece che quel Nulla-Osta fosse “Motivato”, ossia spiegasse perché Fpi lo concedeva. 

In quella che io chiamo “falla” del sistema, ci si buttano a capofitto i soliti noti: Di Blasi, Lallo e Rinaldi, spalleggiati questa volta da un uomo “politico” nuovo - almeno così sembrava- , buon parlatore, introdotto nell’Ente di Promozione MSP  presieduto  ancora oggi dall’amico “Lupo” Lupattelli (di cui era dirigente della Lombardia) e con entrature in Forza Italia e Alleanza Nazionale: Riccardo Bertollini.

Proprio la sua società aveva appena finito di dare alle stampe un libro sul centenario della nascita del mitico Primo Carnera e organizzato una mostra itinerante dedicata al grande campione di boxe. Quell’ evento aveva avvicinato Bertollini a Franco Falcinelli, che ancora una volta veniva tirato per la giacchetta da qualcuno a cui lui non poteva rispondere di no. Inutile dire che dovetti andare a Roma diverse volte a parlare coi dirigenti Coni, con Falcinelli e lo stesso Bertollini, finché trovai  un accordo di fusione con  la Fist (così si chiamava la nuova Federazione ch’era la unione di Federcombat (di Lallo e Rinaldi) e la Cisco (di Carlo Di Blasi). 
(Nella foto sotto da sinistra, Ubaldo Paschini, il sottoscritto, Alfredo Lallo, riccardo Bertollini e Rinaldo Rinaldi.)



(Carlo Di Blasi, secondo da sinistra, tra i fratelli Petrosyan e il loro maestro A.Romanut)

Fatta l’unificazione con la Fist che chiuse i battenti, inseriti Carlo Di Blasi e Alfredo Lallo in posti dirigenziali di Fikb, pensavo che i problemi fossero finiti. Invece fummo inchiodati, sempre da  Falcinelli, per altri 2 anni su problemi relativi al Regolamento Sanitario di Fikb. Il nocciolo del contendere era che mentre la kickboxing poteva svolgere sino a 2 incontri al giorno nei suoi sport da ring, per la boxe il limite massimo era di 1 soltanto.  Falcinelli pensava che “insieme” le   due federazioni potessero smuovere il Ministro Sacconi dal rimuovere quella “Legge”  del 1982 che sta molto stretta a Fpi. Inutile che io dicessi che se una Legge riguarda la boxe, come poteva essere applicata tout court anche alla Kickboxing, uno sport comunque ‘diverso’ dal pugilato?

Falcinelli non motivava il famoso Nulla -Osta , il segretario generale di Fpi Riccardo De Girolami (che oggi non c’è manco più in quel ruolo) non rispondeva alle mie mail di sollecito né si faceva trovare al telefono. Insomma eravamo in una situazione di “impasse” che ormai mi stava diventando intollerabile.

Feci  allora una cosa che forse avrei dovuto fare prima. In tutta la mia vita non sono mai ricorso né ad alcun uomo politico né ho mai chiesto raccomandazioni ad alcun partito politico per ottenere quello che comunque ho sempre ottenuto (“Magari ci arrivavi prima” – mi ha sempre rimproverato ‘qualcuno’!). Chiamai la Segreteria personale del presidente del Coni Giovanni Petrucci e chiesi un incontro privato con lui. In qualità di presidente della Wako, mi invitano ad assistere ai lavori del Consiglio Nazionale del Coni e con Petrucci ho scambiato qualche saluto e qualche sguardo, ero certo che non poteva rifiutarmelo. Devo dire che è un uomo intelligentissimo e che capisce al volo i problemi. Sono bastati 10 minuti di conversazione privata per uscire dal tunnel. “Ma che scherziamo, mi ha detto, giro il mondo e ho visto coi miei occhi che la kickboxing è una grande realtà ormai”. Ha quindi preso il telefono in mia presenza e ha dato disposizioni.

Signori, lunga  vita al presidente Petrucci dunque! Senza il suo provvidenziale intervento personale, saremmo ancora qui ad assistere al palleggio di responsabilità tra un ufficio e  una federazione del Coni. Tra poche settimane , Fikb è svincolata per sempre dal pugilato e in occasione dell’Assemblea Straordinaria indetta in occasione dello Stage Nazionale che si svolgerà a Cattolica dal 29 aprile al 2 maggio, cambierà anche denominazione sociale  – si spera per l’ultima volta -. Siccome anche la Savate con tutta probabilità sarà ufficialmente riconosciuta dal Gaisf a Dubai nella prossima Assemblea Generale, Fikb diventerà: Federazione Italiana Kickboxing, Muay Thai, Savate (FIKMS). Che Dio l’abbia in gloria.