15/10/2007 - 17.42

LA MIA PRIMA CINA ROSSA

Il Boeing dell’Alitalia gira parecchio sopra Shangai prima di avere l’O.K. dallo torre di controllo per l’atterraggio. So che l’aeroporto è enorme e molto trafficato. Shangai è sempre stata una sorta di città avanzata, un avamposto cinese verso la modernità. So che è una megalopoli e piena di grattacieli, peggio che a Manhattan. Già dall’aereo cerco di verificare se è così, ma della nuova Cina che mi si schiuderà di lì a breve vedo solo la terra che appare quadrettata e i riquadri sono di diverso colore, come un puzzle messo insieme perfettamente. Mentre l’aereo scende facendo ampi cerchi nel cielo, vado con la mente agli anni giovanili, quando della Cina Rossa di Mao Tse Tung sapevo poco o niente. Certo, avevo studiato la sua vita, la sua rivoluzione, il suo tentativo di creare una nuova società, ma della Cina di allora nessuno sapeva nulla. Era impenetrabile. Partecipavo, durante i movimenti di contestazione studenteschi, alle assemblee e mi ricordo che molti sventolavano il suo famoso “Libretto rosso” che ho ritrovato poi a Pechino e acquistato per pochi euro proprio nella famosa piazza Tien Anmen. Inutile dire che quando l’aereo si apre, provo una forte emozione: finalmente sono nella Cina rossa, dove non ero mai stato. Un’altra esperienza da aggiungere alle numerose fatte in giro per il mondo.

L’aeroporto è davvero mastodontico, ma trovo subito molto razionale e funzionale. Anche se la struttura è enorme, con ampie arcate che assomigliano a un’onda in movimento, il fatto che sia fatta di acciaio tubolare e vetro dà alla stessa una chiara idea di leggerezza. Veloci i trasferimenti, veloci l’espletamento delle attività burocratiche, veloce l’arrivo dei bagagli. Questo paese funziona, e si vede anche da questo. Ho la fortuna di avere qualcuno che mi aspetta all’arrivo. Uno dei miei vice-presidenti (parlo della WAKO ovviamente), è un top manager di un’azienda multinazionale canadese che produce componenti per auto e che ha una grande fabbrica in Cina, proprio a Shangai.
Autista e guida a disposizione, ve lo garantisco, fanno godere e apprezzare maggiormente una breve visita come la mia ( una settimana soltanto, troppo poco per conoscere questo enorme paese). Chiaro che manco ho la pretesa di farlo. Ho poco tempo e cercherò di selezionare le cose da fare e vedere.


I viali che attraversiamo per recarci in centro città sono alberati, ampi e ben curati. Le strade sono pulitissime, illuminate e…piene di auto, ovviamente. 17 milioni di persone non sono uno scherzo, e il traffico infernale di Milano, anche solo dopo un paio di giorni, mi sembrerà ridicolo al confronto.

Per le strade le auto sono quasi tutte Volkswagen (che qui è stata una delle prime grandi aziende a mettere radici) o macchina giapponesi. Ho avuto il piacere di vedere una Lamborghini gialla (non sto scherzando) solo a Pechino (Beijing, in cinese). Per il resto, auto italiane, zero. In attesa che la Fiat arrivi.


Guardandomi intorno vedo edifici enormi, non necessariamente grattacieli. Edifici come termitai,
con tante piccole finestre e senza balconi ovviamente, fatti probabilmente di appartamenti piccoli (quelli di 80 mq. sono appartamenti già di buona pezzatura). Ma di buona fattura, di buona qualità.
Eppoi eccoli i grattacieli famosi di Shangai, pieni di luci, di insegne al neon. Ne ho visti di tutte le fogge e dimensioni con una caratteristica che mi pare peculiare: alla sommità hanno una sorta di corona, oppure un tempio, oppure la facciata di una casa vittoriana, insomma un qualcosa che non serve a niente se non a decorare e caratterizzare il grattacielo.

Ma la cosa che colpisce subito anche il visitatore più disattento è …la nebbiolina che circonda gli edifici, i grattacieli. “Ma c’è la nebbia in questa stagione? – chiedo soavemente alla nostra guida. Sorride e mi dice :” Non è nebbia, questa è l’aria che respiriamo in questa città. E’ smog, causato dalle tantissime aziende che la circondano.”
Bell’affare. Dunque la Cina, paese prevalentemente agricolo per millenni, produttore di seta e di spezie,ha scoperto l’industrializzazione . Ho chiesto a qualcuno come è avvenuto una cosa del genere, ossia come mai le autorità, che sicuramente avevano accesso a tutte le problematiche dell’industrializzazione, non abbiamo vigilato e abbiano quindi permesso alle multinazionali di combinare quello sconquasso. Mi è stato risposto che tutto ciò è avvenuto negli ultimi 7 anni, da quando cioè il potere centrale cinese ha deciso una cambio di rotta fondamentale per il futuro della Cina: l’apertura alle leggi del libero mercato, l’apertura agli “occidentali”. Per attirarli, il Governo Cinese ha concesso loro sgravi fiscali enormi per almeno 5 anni (in pratica, non pagano tasse o quasi!). Chiaro che le multinazionali hanno profittato della favorevole occasione, ma che disastri! Il 70% delle acque è già pesantemente inquinato, anche le falde sono infettate e le specie marine corrono seri pericoli. Se il Governo cinese non invertirà la rotta, non applicherà leggi severe a chi devasta l’ambiente e non si preoccupa dell’eco-sistema, credo che la Cina ( e con lei il nostro mondo) andrà incontro a un disastro ambientale di portata biblica.


L’indomani, dopo una notte passata a rigirarmi nel letto (il fuso orario, quando si va verso est, è meno sopportabile di quando si viaggia verso ovest), sono a tuffarmi nel traffico cittadino alla scoperta…di una marea di falsi. Non si fa in tempo a mettere il naso fuori della porta dell’albergo, che subito sei attorniato da cinesi (uomini e donne) che ti propongono di tutto e di più. “Volere Rolex? Cartier, Vacheron Constantin, Panerai, Frank Muller? Volere Montblanc?...”-, una roba pazzesca. Però, a differenza che nei paesi arabi dove sono di un’insistenza irritante e ti si appiccicano addosso come mosche, quando gli ripeti che non sei interessato all’acquisto per tre volte, se ne vanno e ti lasciano in pace.
Sono in Nachino Road, la strada più “in” di Shangai, paragonabile alla Via Montenapoleone di Milano o alla Via Condotti di Roma. Trovi negozi di tutte le “maison “ più famose, delle firme principali conosciute nel globo. E davanti alle vetrine di Bulgari o di Luis Vuitton ,quasi tutte vuote, stazionano frotte di cinesi che propongono ai tanti turisti ormai i falsi d’autore. Esistono a Shangai, ma anche a Pechino, dei veri e propri quartieri, dei grandi magazzini (sempre affollatissimi) dove vendono le grandi marche. Pensate che una penna Montblanc perfettamente imitata viene venduta ad 1 euro (sì, avete capito bene), un Rolex d’acciaio a 10 euro, e così via. Insomma la Cina è una pacchia per chi vuole riempirsi di cianfrusaglie e di “marche” a poco prezzo.


Decidiamo di lasciare l’indomani Shangai per andare a visitare quella che le pubblicità locali chiamano “la piccola Venezia della Cina”. E’ Suzhou, una cittadina a soli 80 chilometri da Shangai. E’ come tornare nella Cina di 50 anni fa. Una bella esperienza perché dimostra, se non l’avessi già capito, che Shangai è già la proiezione abnorme di quella che potrebbe essere la Cina di domani, ma che la vera Cina è ancora quella di Suzhou. Una Cina fatta di case basse e a poco prezzo, una attaccata all’altra, piene di facce da contadini o da pescatori, facce molto diverse da quelle viste in città. E le botteghe, piccolissime, dove producono pettini di osso, boccettine pittate, collanine, dove vendono ciondoli di riso, il tuo nome in cinese su pergamene, e anche quadretti, scatoline di legno di ogni genere, ventagli o animaletti in piccole gabbie. Ho anche cercato i venditori di “grilli” – tanto cari a Tiziano Terzani-. Di quelli però, niente.Piccolissime botteghe piene di gente che sta lì ad aspettare che il turista getti uno sguardo, che sia tentato a comprare qualcosa. Gente paziente, che conduce una vita d’attesa.
La “piccola Venezia della Cina” è davvero poca cosa paragonata alla Venezia italica. Sorry guys, scusate, altra cultura, altra storia. Anche le gondole locali sono ben altra cosa, e in più l’acqua è ancora più scura e maleodorante di quella di Venezia.
Lascio Shangai per Beijing un po’ perplesso e sintetizzo i miei pensieri in un questa semplice domanda: ma che fine hanno fatto i sogni dei rivoluzionari cinesi dei tempi della Lunga Marcia? C’era il desiderio di creare una società nuova, un uomo nuovo.E cosa c’è di nuovo tra questi nuovi cinesi?

Nella Cina di oggi, ci sono già tutti i problemi che le società a capitalismo avanzato hanno avuto , che però qui sono ancora irrisolti. In sintesi,lo sfruttamento “dell’uomo sull’uomo”, mi pare continui ad esistere.
Con un volo che dura poco più di un’ora e mezzo si è nella capitale.Beijing è apparentemente meno bella. dal punto di vista architettonico di Shangai. Meno vistosa, meno opulenta, ma a Beijing e dintorni c’è la storia della Cina degli ultimi 2000 anni. E che storia.
A partire dalla Grande Muraglia, un’opera che definire incredibile è dir poco. Immaginate una costruzione enorme , non tanto in altezza quanto in distanza: era lunga ben 10.000 chilometri! Oggi ne restano solo 7000, ma quella costruzione è stata cominciata da un imperatore cinese che è vissuto 200 anni prima di Cristo e che temeva le orde barbariche che costantemente invadevano i suoi possedimenti provenienti dall’attuale Mongolia. Altro che Vallo Adriano (quello costruito dai romani nel nord dell’Inghilterra per difendere i loro “castra” dagli scozzesi rozzi e violenti): “The Great Wall” è veramente grande, imponente, un’opera che è costata certamente la vita a migliaia e migliaia di prigionieri – come mi è stato detto -, di schiavi dell’epoca, e la cui costruzione ha richiesto centinaia di anni. La Grande Muraglia è diventata successivamente un’opera assolutamente inutile – ma questo è la storia che ce lo ha insegnato-, perché nemici ben più potenti dei mongoli sono poi venuti dal mare e non dalle montagne. Ma tant’è, la Muraglia è un’opera affascinante che resterà ad imperitura memoria di un passato glorioso.

Se si può andare a visitare la Grande Muraglia in poco più di un’ora di macchina, Beijing stessa offre un’altra meraviglia storica: la Città Proibita, all’interno della quale il famoso regista Bertolucci ha girato il film “L’Ultimo Imperatore”. Entri in questa vera e propria cittadella, anch’essa enorme (750 mila ettari di superficie!), e immagini la corte, lo sfarzo, il potere che gli Imperatori detenevano. Forse, proprio quella Città Proibita, dove nessuna poteva entrare senza autorizzazione pena la morte, e che gli Imperatori avevano eretto a loro difesa, creò via via quel baratro, quel distacco totale che c’era tra il potere centrale e la realtà circostante e che poi ha portato al crollo dell’impero.
Appena fuori la Città Proibita, c’è l’enorme Piazza Tien An Men, famosa in tutto il mondo per la repressione degli studenti. Il 4 giugno di 15 anni fa il governo comunista cinese ordinò ai carri armati di sparare sugli studenti che si erano radunati in questa piazza. Qui, proprio qui, ho visto l’unica immagine del Grande Timoniere in tutto il mio viaggio. L’immagine di Mao Tse Tung sorridente, campeggia su una parete di un enorme edificio . E qui vendono, come souvenir, il famoso “libretto rosso” di Mao (raccolta delle sue “quotations”- le sue citazioni) che tante volte avevo visto circolare all’Università. In Cina, lui è ormai un pallido ricordo.


 

Finito il tempo del turismo spicciolo, è arrivato quello del lavoro. Sono venuto in Cina insieme a due dei miei vice-presidenti ( Richard Leyrer, presidente della Federazione ungherese di kickboxing, e Espen Lund della Norvegia) perché proprio a Beijing il GAISF organizzava la sua annuale Assemblea Generale. In veste di presidente di una nuova Federazione Sportiva Internazionale (la WAKO appunto, riconosciuta nel 2006),abbiamo partecipato ai lavori assembleari che si sono tenuti il 27 aprile scorso. In quella sala, c’era il gotha dello sport mondiale. Tutti i presidenti di Federazioni Internazionali ( tra cui molti gli italiani, da Bruno Grandi -Ginnastica-, a Ricci Bitti – Tennis -, da Sabatino Aracu - Pattini , al Gen. Gola –Sport Militari- e molti dirigenti come Mario Pescante, ma anche i massimi vertici del Comitato Olimpico Internazionale. Finito a pochi mesi addietro, il fatto di stare in mezzo a tanto consesso sembrava un sogno irraggiungibile, e invece era tutto vero. Ce l’avevamo fatta un’altra volta.
Approvati il bilancio GAISF, eletto alla presidenza Mr. Hein Verbruggen (già presidente dell’UCI –ciclisti- e amico di Jan Rogge, presidente del CIO), i nostri lavori hanno anche avuto precedentemente una sessione dedicata agli sport marziali. Beijing ha visto il secondo appuntamento delle federazioni componenti i World Martial Arts Games, le prossime vere e proprie Olimpiadi delle Arti Marziali – per usare questo termine. Tra le novità, il fatto che anche la Federazione di Judo Internazionale sia interessata all’avvenimento e che Antonio Espinos, spagnolo, presidente della World Karate Federation, è entrato nel Consiglio del GAISF insieme allo svedese Paul Hoglund, presidente della Federazione Internazionale di Ju Jitsu.
Insomma, sembra proprio che le Arti Marziali stiano prendendo sempre più piede e importanza. La terza riunione del Comitato Organizzatore dei WMAG sarà a Bangkok il prossimo 5 dicembre.
Messi a punto i Giochi Marziali in maniera definitiva (quanto dovranno durare, quanti atleti dovranno comprendere, quali gli obblighi organizzativi delle città che li ospiteranno, i costi ecc.ecc), si potrà finalmente passare alla scelta delle città che già si sono candidate.
C’è da scommettere che per la prima edizione di questi Giochi, previsti per il 2010 (ma se si facciano in quest’anno ancora non si sa di sicuro), sarà una città cinese a vincere l’appalto. In Cina ormai non si terranno solo le Olimpiadi nel 2008 (splendide davvero le strutture sportive che ho visto), ma già la Cina ospita il circuito di Formula 1, il Gran Premio motociclistico, gare di Golf coi migliori giocatori al mondo (Tiger Woods ha costruito già 2 campi e ne ha in progetto altri 10), le finalissime delle Master Series di Tennis, insomma con la sua ricchezza la Cina vuole diventare non solo una grandissima potenza industriale, ma anche sportiva. E’ certo che ce la farà. A che prezzo, per il momento, ve ne ho dato solo un’idea.