15/11/2007 - 00.10

TUTTO GRANDIOSO, SALVO GLI ARBITRI

Nella mia doppia veste di presidente della federazione italiana e mondiale, cerco sempre, per rispetto del ruolo che ricopro, di stare alla larga dalle contestazioni che nascono da errati giudizi arbitrali. Sono anni ormai che sto anche lontano dai quadrati o dai ring di gara e cerco di evitare di restare impegolato in discussioni su questo o quel giudizio. Nella WAKO ho creato dei “chief referees” – capi arbitro – in ogni campo di gara che si occupano di portare avanti i vari incontri , di scegliere i vari giudici e arbitri centrali e di occuparsi delle eventuali contestazioni a questo o quel giudizio che molto spesso ricevono.( Quello che hanno fatto anche Roberto Fragale e Flavio Brivio – unici “arbitri italiani” nei Mondiali di Belgrado-) .Nel caso non riuscissero a dirimere i problemi, la protesta viene trattata da una speciale commissione formata da membri del Direttivo della WAKO che prende poi le decisioni finali. Insomma, non devono arrivare a me. Ma, udite udite, a Belgrado sono sbottato anch’io: mi sono alzato dal mio scranno e sono andato ad incazzarmi coi giudici e arbitri per dei verdetti che mi sono parsi veramente un insulto al buonsenso e ai regolamenti ( che io ho scritto, si badi bene!).
Purtroppo le nostre specialità non sono misurabili né col cronometro, né col metro e pertanto sono soggette ad errori causati o dalla scarsa applicazione dei criteri di giudizio, oppure da vere e proprie sviste o incompetenze - leggi partigianerie- degli addetti ai lavori. Va detto però che mediamente i 60 arbitri/giudici utilizzati ai Mondiali, hanno lavorato 8/9 ore al giorno ininterrottamente ,quindi che sono stati anche condizionati dalla fatica, dal problema inevitabile dalla tenuta della concentrazione,e in quelle condizioni è chiaro che sbagliare è possibile visto che non sono macchine.
Tutto ciò per dire che i 2 argenti con Ivan Sciolla di Cuneo e Mimma Mandolini di Pescara e le 8 medaglie di bronzo con Gaetano Verziere (Salerno), Barbara Plazzoli (Bergamo), Eleonora Leprini (Roma) , Gianpiero Marceddu (Firenze) , Manuele Raini (Roma) ,Donatella Panu (Sassari), Paola Cappucci (Prato), Valeria Calabrese (Catania), messi insieme dall’Italia in questa 16° edizione dei Campionati del Mondo di Light contact, Low-kick e K1 Rules svoltisi nella “Pionir Hall” di Belgrado dal 24 al 30 settembre scorsi avrebbero potuto essere bottino molto più pingue e di maggior valore per i nostri colori, anche se l’Italia è sempre tra le prime 10 nazioni al mondo.
E a Belgrado ne sono arrivate 55!
Barbara Plazzoli, che a Belgrado era la campionessa del mondo uscente, un’atleta esperta che già vedevo sul gradino più alto del mondiale, è stata data perdente in semifinale contro la kazakistana Valerija Kurluk (che poi ha puntualmente vinto in finale). Partita lenta nella prima ripresa, che aveva perduto, Barbara ha recuperato nella seconda e vinto nettamente la terza. Alla lettura dei cartellini , era data perdente per “split decision” , ossia 2-1 per la kazaka.
Mimma Mandolini, in finale, contro la polacca Kamila Balanda, stesso film. Persa la prima ripresa, vinte bene le altre due è stata data perdente per 2-1.

E la stessa cosa è successa a Gianpiero Marceddu, campione d’Europa in carica (Skopje), contro il turco Ridvan Kurt in semifinale di K1; ad Andrea Primitivi per l’accesso alle semifinali contro il polacco Robert Matyja nei 79 chili di light contact; a Marco De Polis nella low-kick (63,5) contro il kirgistano Mirlan Ibraimov e potrei andare avanti di questo passo.
Insomma, possibile che tutti gli incontri degli italiani, che si battevano come leoni nel ring o sui quadrati, tenendo testa ai migliori atleti del mondo, finissero sempre per essere dati perdenti
per 2-1?
Sembrava una maledizione, sembrava un disegno premeditato da qualche mente perversa. Ma purtroppo, anche se non c’era premeditazione di certo, è tutto vero. E’ andata così, un po’ storta.
Bastava forse un pizzico di sorte in più e l’Italia avrebbe potuto essere tra le prime cinque nazioni al mondo e non fra le prime dieci!
Chi non si è lamentato invece è stato il piccolo grande uomo di Cuneo, quel Ivan Sciolla che non finisce di stupirci. Milita in una categoria, quella dei 51 chili, dove ci sono pochissimi avversari. In Italia non riesce a combattere se non gareggiando in categorie molto più pesanti della sua naturale. Per questo pratica light contact, full contact e da qualche tempo, e con grande successo, anche low-kick. Sulla carta aveva un torneo infernale: combatteva al primo turno col russo,Angel Evertov, e conoscendo il valore dei russi lo davo perdente, almeno sulla carta. Invece Scioloa ha vinto e con grande autorità e sciorinando tecniche da manuale.
Quindi ha incontrato il bielorusso Maxim Tulai ( e te li raccomandi i bielorussi!). Altra grande prestazioni di Ivan che si porta in semifinale (12 gli atleti in gara in questa categoria). Qui giunto trova il temibile kirgistano Utkin Hudoyanov che era la testa di serie numero uno del torneo! Sciolla è inarrestabile, macina anche questo terzo difficilissimo concorrente e giunge in finale con l’azerbaijano Zaur Mammadov.
Avendo battuto tutti i più forti, mi aspettavo a questo punto una sonante vittoria. Invece Ivan è arrivato un po’ acciaccato e mentalmente un po’ meno brillante dei giorni precedenti. Il torneo è lungo e difficile e cali di tensione sono sempre dietro l’angolo. E’ partito un po’ meno pimpante ma, soprattutto, era molto più impreciso dei precedenti incontri. Ha finito per perdere, anche se per 2-1 (anche lui!), ma ha ammesso sportivamente la sconfitta. Almeno per lui, nulla da recriminare.
E pensare che c’erano quest’anno tutte le premesse per fare davvero bene.
L’organizzazione offerta dalla federazione serba è stata superba, ottimale nelle coreografie e pronta a sopperire a qualunque necessità.
Pensate che avevamo cominciato i Mondiali con 2 ring soltanto per 450 atleti degli sport da ring (oltre 200 nel light) e notoriamente il torneo dura solo 5 giorni. Si possono fare 80 incontri al giorno solo se si resta al palasport per 15 ore ininterrottamente. Sicchè si è capito subito che non sarebbero bastati. Detto fatto. Dopo il primo giorno, ecco smontato tutte le varie strutture e rimontati i campi di gara con l’aggiunta di un altro ring supplementare. Gentilissime, all’aeroporto stuoli di hostess accoglievano le varie delegazioni e le accompagnavano nei vari alberghi. Puntuali ed efficienti i trasporti. Sufficientemente accoglienti gli alberghi e nessuno ha protestato per la qualità del cibo. Bella e importante il gala serale del sabato sera, con 3000 spettatori, ripreso in diretta dalla televisione nazionale per 3 ore (purtroppo c’è stata la concomitanza del derby calcistico locale tra la Stella Rossa e il Partizan di Belgrado che ne ha tenuti lontano parecchi !).
I nostri tecnici, Federico Milani e Silvano Cosentino (che poi non ha potuto venire all’ultimo momento per motivi professionali) per il light,Massimo Rizzoli e Riccardo Bergamini per la low-kick, Claudio Alberton e Giorgio Iannelli per il K1, si erano davvero impegnati mettendo insieme una squadra competitiva. Rispetto poi ad un recente passato, c’era anche un grande affiatamento tra gli atleti , una tifoseria della squadra tutta che sosteneva i vari compagni impegnati nella competizione, insomma era piacevole vederli sgolare dall’alto delle tribune o appoggiati alle transenne a sostegno dei loro amici .
Peccato solo per alcuni risultati, perché avremmo potuto fare festa grande.
Inutile comunque piangere sul latte versato, come si dice. Occorrerà ovviamente da una parte che la federazione internazionale adotti dei correttivi per superare il cattivo momento arbitrale e dall’altra
che i nostri azzurri e i loro tecnici continuino a lavorare bene e ad allenarsi duramente e seriamente come hanno dimostrato di aver fatto. Nulla da rimproverarsi dunque. Hanno tutti dato il massimo.
E questo è quello che conta. Per vincere poi, a volte, non ci vuole solo la bravura tecnica, ma anche un po’ di…fortuna, che a Belgrado, però, non c’è stata. Speriamo allora che a Coimbra, per seconda parte dei Mondiali WAKO 2007 la “dea fortuna” guardi un po’ anche dalla nostra parte.